“Apprezzo l’eredità culturale persiana ma al tempo stesso la rifuggo. Nel mio lavoro cerco un’estetica armoniosa e simmetrica ma solo superficialmente, perché poi creo uno spazio di ambiguità facendo stridere la forma estetica con il contenuto.
E quest’ultimo ha a che vedere con la realtà dell’Iran, una realtà fatta di torture e abusi, di esseri umani senza diritti”
“Quando arrivai in Germania, diciassette anni fa, ero Parastou Forouhar. In qualche modo, nel corso degli anni, sono diventata iraniana… Questa cosa è cresciuta con me tra “qui e ora” e “là e allora” senza un confine definito.
Lo spazio intermedio mi rassicura sull’immagine di me stessa laggiù dove non ci sono. Questi spazi sono allo stesso tempo vicini e lontani, in relazione tra di loro secondo un processo di alternanza”
Parastou Forouhar
Teheran, Iran, 1962